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martedì 13 dicembre 2011

Severance

Vi ricordate di un certo Ragionier Filini? Quel tizio che nell'epica serie fantozziana organizzava gite di lavoro improponibili, in posti assurdi, con risultati tragicomici? Ecco, nel nostro"Severance" una situazione del genere si ripropone, in salsa molto british e con picchi di horror splatter, quando un gruppo di lavoratori inglesi della Palisade, una multinazionale che vende armi, parte alla volta degli esotici e misteriosi Carpazi. L'obiettivo del viaggio è quello di migliorare la convivenza del gruppo e, di conseguenza, i profitti per l'azienda, peccato che poi il Filini della situazione sbagli rifugio, siamo in una foresta selvaggia, e il bagno di sangue è assicurato.
E dire che il viaggio della nostra combriccola aveva tutti i crismi dell'allegra gita fuori porta, partite di paintball, cene non molto luculliane, e tutte quelle dinamiche di gruppo tra amorini solo accennati e odiosità da colleghi.
Se in passato "Hostel", "Them" e compagnia danzante ci hanno insegnato qualcosa è che l'Europa centro-orientale, per quanto bella, affascinante e low cost, non è affatto un posto sicuro. Sia che la si consideri come meta del turismo sessuale, che come locus amoenus nel quale ritrovare serenità per esprimere la propria arte, papà Cinema ci ha insegnato che bisogna stare accorti.
In questa ottica "Severance" riesce a destreggiarsi bene tra la commedia nerissima, nella prima parte, e l'horror spumeggiante, nella seconda, infarcendo il tutto con delle venature di satira e critica politica che non rimangono solo a far da sottofondo. E' il caso dei mirabolanti flash sulle origini misteriose dell'azienda Palisade, tra manicomi criminali e ospedali hot, in un contesto che sottolinea, con punte molto ironiche, l'abusatissima retorica del terrorismo, della guerra ovunque e comunque, e l'ombra del capitalismo imperialistico(forse qui esagero!).
Niente male quindi questo "Severance", che nel titolo ha la doppia accezione di liquidazione(lavorativa) e scissione(quella più splatter), diretto con mestiere da Christopher Smith, già intravisto nel discreto "Creep - Il chirurgo", e coadiuvato da un cast di attori in buona forma, in particolare il simpatico e sballatissimo Danny Dyer e lo sfortunato Gordon(Andy Nyman).
La crisi c'è, si fa sentire, e non si può scappare, come il Montismo dilagante ci dice a chiare lettere. Qualche taglio da qualche parte, e in qualche modo, bisogna pur farlo e quindi tutti sui Carpazi!!



Scheda Film

Anno e Nazione: 2006, Gran Bretagna

Adieu

giovedì 24 novembre 2011

Il Marito Perfetto

Nicola e Viola sono una coppia di trentenni che decide di passare qualche giorno in un bel casale di campagna per potersi finalmente rilassare, gettare alle spalle qualche ansia e, magari, pianificare di metter su famiglia. Tra un paesaggio da cartolina, una cena romantica, e un letto ornato con petali di rosa e candele tutto sembra procedere per il meglio... ovvero un bagno di sangue!!
Lucas Pavetto, l'ottimo regista del mediometraggio "Il marito perfetto", presenta così la sua opera:"Vi siete mai soffermati a chiedervi se la persona che avete al vostro fianco è davvero chi pensate che sia? Siete pronti a giurare che conoscete bene quali sono i pensieri e le molle che spingono il comportamento del vostro compagno di vita? E siete sicuri di conoscere anche voi stessi altrettanto bene?"
Per quanto inquietanti siano le domande credo che l'idea di un mondo composto di sole Sandra e Raimondo si possa ritenere superata, non è detto che vada a finire sempre come in "Shining", ma a tutti può capitare di avere Olindo Romano come marito(e pensare che io c'ho la coppia clone come vicini di pianerottolo, vantandomene!)
Comunque sia le vie dell'amore sono infinite, così come le manifestazioni di affetto annesse. E dire che la coppia del film aveva tutte le carte in regola per durare: bella lei, bello lui, un futuro apparentemente roseo, ma qualche scheletro di troppo dentro l'armadio.
Ispirato al cinema francese, per stessa ammissione del regista, in "Il marito perfetto" non mancano echi del buon splatter transalpino degli ultimi anni, su tutti "Alta Tensione" di Alexandre Aja, e qualche flash e atmosfera che ricorda "A l'interieur"(sarà colpa mia che lo rivedo ovunque...).
Il risultato è davvero interessante: 40 minuti tesi e concentratissimi, nessun punto morto nella storia, attori non troppo asini(lei è bona, o quantomeno a me piace), il sangue non manca, i trucchi di scena sono molto old school, la scena da ricordare c'è(il vigilante), e il finale, pur sapendo di già visto, non si rende affatto insopportabile.
Tutto grasso che cola nel cadente contesto dell'horror italiano recente, grazie a una produzione indipendente low budget, che fa ben sperare, e un regista che intelligentemente lavora su un tema attraente senza mandarla troppo per le lunghe. Buona fotografia e cura dei particolari(vero In The Market?) che rendono il tutto molto credibile.
Onore al merito!

Il film è visionabile integralmente aggratis nel sito del regista, insieme ad altri suoi corti e mediometraggi: http://www.lucaspavetto.com/ilmaritoperfetto/


Scheda Film

Anno e Nazione: 2011, Italia

Adieu

mercoledì 16 novembre 2011

Mother's Day

Tre rapinatori si rifugiano in quella che credono essere la loro casa, uno di loro è ferito e necessità di cure urgenti, ma con somma sorpresa trovano una comitiva di trentenni intenta a dilettarsi in balli e giocate a stecche, ospitati dai coniugi Sohapi(che così tanto happy alla fine non saranno). Per loro la festa di compleanno si trasforma ben presto in un incubo perchè "Alla fine arriva mamma" e niente sarà come prima.
Dal regista di "Saw" II, III, IV.... XLVI ecco un filmetto niente male, un pò thriller, un pò splatter e soprattutto molto interessante.
Ambientato nel bel mezzo dell'arrivo di un uragano la vera tragedia si consuma all'interno delle mura domestiche( fatto già visto in altre occasioni simili tipo "Secuestrados" "A l'interieur" e soci) dove il gruppo di ostaggi viene tenuto a bada, non sempre con le buone, dai figli rapinatori e una mamma che ha gli occhi azzurri e severi dell'ottima Rebecca De Mornay.
Di "Mother's Day" mi hanno colpito un paio di ottime scelte del regista, la prima è legata all'attenta caratterizzazione dei personaggi, a cospetto di un folto gruppo di attori, nel quale spiccano figure femminili notevoli contrapposte a figure maschili deboli e fragili.
Così da un lato la madre è madre con la M maiuscola incarnando in se tutti i lati più estremi, nel bene e nel male, che rievocano tale figura: iperprotettiva, possessiva verso la casa, dolce, rassicurante, intransigente, vero punto di riferimento per i propri figli. A lei si contrappone un'altra donna, la Sohapi, che solo scorrendo il film mostra tutta la sua forza di donna umiliata e ferita, dando così vita ad un appassionante duello rusticano finale che tanto ricorda, nella forma quanto nei concetti, quello straordinario del mio tanto adorato "A l'interieur".
Detto delle donne veniamo, signori miei, ai carissimi uomini. Guardate non voglio dilungarmi più di tanto(come potrei?) in quanto si potrebbe stare a parlare tanto di personalità piagnucolose e insicure(i figli della Madre), fedifraghe e codarde(gli sventurati invitati), ma siccome sono buono dico soltanto di fare molta attenzione al personaggio sosia di De Luigi quando imita Carlo Lucarelli, detto questo siate certi che lui vi darà soddisfazioni!
Altro pezzo di bravura dell'ottimo Bousman è la gestione delle dinamiche interne ai gruppi nel film, cosa che puzza tanto di "Saw". I protagonisti, lontani da ogni pensiero di salvaguardia del gruppo, finiscono per farsi guerra tra di loro, sino a procurarsi da soli la morte, e il regista, con sapiente uso di scene splatter e violenze spesso più psicologiche che fisiche, sottolinea con cupo gusto la ferinità di tali gesti. A tal riguardo gustate con coscienzioso occhio la scena del Bancomat, ne vale la pena davvero.
Scheda Film

Anno e Nazione: 2010, USA

Adieu

giovedì 10 novembre 2011

Zombie Of Mass Destruction

In una tranquilla e ridente cittadina americana la vita scorre serena: il reverendo recita noiose messe, il sindaco conservatore teme la sfida elettorale con una frikkettona pacifista riformista, un ristoratore iraniano con figliola occidentalizzata combatte i pregiudizi sulle sue origini, e un ragazzo gay crede che fare outing agli occhi della madre sia la cosa più complicata al mondo. Ah dimenticavo la family very USA(forse...) guidata da un padre a dir poco sopra le righe.
E fu così l'undicesimo o dodicesimo giorno Dio(o chi per lui) creò le zombies-comedy! Magari si sarà preso il suo tempo ma senza dubbio l'attesa che il Siùr ci ha riservato non è stata affatto vana. "Zombie of Mass Destruction" è l'ennesimo predestinato cult di questo genere ibrido che detto come noi gggiovani "spacca davvero i culi".
Un film che ha pochissimo da invidiare al maximum "L'alba dei morti dementi" e che, a mio avviso, supera il contemporaneo "Zombieland"(non mi hanno convinto alcune cose ma credo che ci tornerò).
L'umorismo messo in scena da Kevin Hamedani, per quanto irriverente, appare verosimile nel descrivere una società americana omofoba e xenofoba come non mai. La lettura seriosa del non morto meno pericoloso dell'umano qui viene rivisitata ironicamente, e ampliata: il contagio accolto come nuovo september eleven è una chicca, come l'esilarante test di americanismo, senza dimenticare la coppia gay sottoposta alla cura di "Arancia Meccanica" per redimersi. Inoltre consiglio vivamente di guardarlo in lingua originale con sottotitoli per poter gustare degli ottimi giochi di parole.
La bravura di Hamedani sta anche nel non occuparsi soltanto di far ridere ma di rendere il tutto credibile, come un vera pellicola horror zombesca che si rispetti. I versamenti di sangue, spappolamenti vari, e inseguimenti adrenalinici non mancano, e hanno quella fattura un pò grezza da vero b-movie del genere.
Eppoi il finale pessimistico e cinico su un'America che, nonostante l'apocalisse, non cambi di una virgola rende il tutto un perfetto stile Romero, a riguardo state attenti alle frikkettona!
Tutto è talmente esplicito che dilungarsi in noiose disquisizioni sulla natura delle critiche che il regista fa alla società americana non renderebbe giustizia ad un lavoro innovativo, fresco, citazionista come piace a me, e maledettamente geniale.



Scheda Film

Anno e Nazione: 2009, USA

Adieu

martedì 25 ottobre 2011

Kaboom

Che dire, io Gregg Araki lo guardavo con febbrile insistenza nel pieno della mia adolescenza(quindi un paio di ore fa...) perchè divoravo film su film, robe mai viste, e cercavo questi registi fichi, artistoidi, alternativi, quelli che ti fanno dire all'amico:"Sai sto film è bestiale, sti tipi si drogano fanno sesso, poi muoiono, un sacco di citazioni, il diavolo, l'acqua santa..." Funzionava così: da "Doom Generation" e "Ecstasy Generation" a "Kids", con un malato LarryClarkianesimo che mi portava sino a "Ken Park", parenti vicini e lontani come "Spun" e chissà quanti altri che non mi sovvengono. Insomma tutte pellicole più o meno guardabili, con guide introduttive, più o meno conformiste(più!!), sul sesso, le droghe e quant'altro un adolescente non vede l'ora di veder spiattellato su uno schermo.
Col passar del tempo ho ampliato i miei orizzonti culturali e sociali(e meno male!) ma Araki mi è sempre rimasto in testa, come quando vidi il raggelante ed espressivo "Mysterious Skin".
In seguito lo persi un pò di vista, ma lui stesso si era un pò perso, sino a ritrovarlo stasera in "Kaboom". Descriverne la trama risulta un pò confusionario, ma ci provo: siamo in un college(novità!), Smith è un ragazzo gay, o forse anche gay, si fa un pò di flash erotici sul pompatissimo compagno di stanza ma poi finisce a letto con London, una ragazza che incontrata in bagno a una festa. La migliore amica di Smith, Stella, è etero o lesbo non si capisce, di sicuro è vegetariana, ma fa la lesbo con un ragazza un pò schizzatella. Poi c'è... Facciamo così, per sbrigarci, si fa tanto sesso un pò tutti, poi pian piano viene fuori una storia dalle trame piuttosto misteriose, un sorta di mega complotto, e il finale è un casino.
La confusione mi sa che deriva dalla visione fresca fresca, perchè "Kaboom" è, come fa intuire il titolo, una botta, un'esplosione di situazioni irriverenti, ironiche, oniriche, surreali, terrorizzanti. Bello a vedersi, estetizzante sino all'attimo prima del sopportabile, una messa in scena di attori talmente belli, che ti sembrano pure bravi, eccezion va fatta per sua magnificenza James Duval, un patina di colori e luci che fa bene agli occhi. La ragion d'essere del bello finalizzata al bello, chi se ne frega se il significato del film lascia perplessi? Alzi la mano colui che dopo aver visto "Donnie Darko" aveva tutto chiaro in mente! Kaboom è questo: una sbornia, una presa in giro, un flash, prendersi bene, è bel cinema. E per questo amerò sempre quello di Gregg Araki.



From the time we intercepted
Feels more like suicide
See you at the bitter end!

(The Bitter End - Placebo - Final Soundtrack)

Scheda Film

Anno e Nazione: 2010, USA

Adieu

venerdì 21 ottobre 2011

L'Alba Dei Morti Viventi

"Quando all'inferno non ci sarà più posto, i morti cammineranno sulla terra!"

Questo mi mancava. Proprio così, non so per quale motivo ma il remake del secondo capitolo della saga dei morti viventi di Romero lo avevo proprio ignorato. Ma siccome il tempo a volte cura anche queste magagne eccomi qui a parlare de "L'alba dei morti viventi" di Zack Snyder.
Riguardo alla trama non voglio tirarla troppo per le lunghe: la solita epidemia trasforma i morti in non-morti affamati di carne umana, e sin qui non ci piove. L'infermiera Ana, dopo esser sfuggita al tentativo di attacco da parte del marito zombie, e dopo una serie di scene piuttosto movimentate, finisce per rifugiarsi in un mega centro commerciale insieme ad un altro gruppo di desperados. Le vaste opportunità di sopravvivenza che può offrire un'ospizio del genere vengono sfruttate dai nuovi inquilini per riuscire a sopravvivere senza grandi problemi. Quando però l'assedio da parte dell'orda di non morti si fa troppo oppressiva non rimane che fuggire ancora una volta.
Per cominciare è giusto che esprima il mio parere sui remake: se non c'è niente di nuovo o di interessante da proporre credo che non ci sia motivo per togliere la quiete ai defunti. Nonostante questo ammetto di aver accolto con favore il fedele remake di "Non aprite quella porta" e l' "Halloween" più personale di Rob Zombie. Il film di Snyder è di quel periodo, e rimane in linea con il genere, non troppo fedele all'originale ma nulla di troppo rivoluzionario.
Siamo lontani dai messaggi anarchici e pessimisti che il vecchio Romero lanciava tramite i suo zombie, sguardi acidi gettati su un'umanità sempre più cieca e massificata. E proprio il grande mall (per dirla inglish) dell'originale di Romero, in cui i sopravvissuti si rifugiavano e i non morti si accalcavano, nel remake di Snyder perde la radicalità simbolica che aveva negli anni 70'.
I tempi sono cambiati, il mall non è più il simbolo del capitalismo massificante, o quantomeno lo è sempre ma in forma annacquata. E siccome adesso siamo nel millennio successivo lo stesso mega centro commerciale diventa il luogo in cui i sopravvissuti, come catapultati in un enorme "The Sims", sperimentano forme di convivenza in tempi di catastrofe, e quindi: si mangia, si dorme, si fa sesso, si litiga, si gioca e si instaurano nuove forme di socialità.
Ecco questa è la particolarità del remake firmato da Snyder, che resosi mestamente conto dell'inutilità di ampliare l'immaginario dei suoi zombie, che corrono come in 28 giorni dopo e sono stupidi come sempre, di converso amplia quello sugli umani alle prese con i non morti. Alla fine il giochino funziona pure abbastanza bene, magari le storielle personali non sono niente di mai visto, ma in particolare la relazione a distanza da tetto a tetto mostra spunti interessanti. Per il resto tutto inizia e finisce come in tanti, quasi tutti, i film del genere, che il regista omaggia con qualche cameo da aficionados, su tutti Tom Savini(storico truccatore di Romero) e Ken Foree(tra i protagonisti dell'originale). Infine piccola citazione per l'intro ma soprattutto per il neonato zombie, una zozzeria che mi è piaciuta tantissimo!!

Scheda Film

Anno e Nazione: 2004, USA

Adieu

giovedì 13 ottobre 2011

Drive

Giuro, rigiuro e spergiuro(lo so che ha senso contrario ma ci sta bene!) che prima di andare a vedere Drive non ho letto niente di niente, dalla trama alle recensioni, niente! Devo ammettere di essere stato molto ansioso di vedere l'ultima fatica di Nicolas Winding Refn, perchè? Non so, non che abbia visto altro della sua filmografia oltre "Bronson", ma il suo cinema mi ha sempre dato l'impressione di piacermi. Insomma andando al sodo, riguardo al mio appuntamento al buio con Drive, dico di esserne rimasto ben soddisfatto. Magari nel mondo c'è chi lo è stato meno: a quanto pare una donna americana, tal Sarah Deming, si è sentita truffata e ingannata dalla pellicola di Refn in quanto << troppo poco simile a "Fast and Furious">>. Considerando che c'è qualcuno che se la passa peggio di me vado un pò a parlare di sto maledetto film.
Il protagonista di Drive non ha un nome, non ha un passato, ma ha un presente piuttosto movimentato: di giorno fa lo stuntman, nei ritagli di tempo lavora in un'officina per macchine da corsa, e di notte presta servizio per dei criminali a cui serve un ottimo autista per fare le rapine. Lo scorrer via delle sue giornate è alienante e ripetitivo, nessun affetto lo attende tra le mura domestiche. L'incontro con una donna sposata però ne cambierà le sorti, e lo spingerà a tentare una rapina dagli esiti tutt'altro che benevoli.
La prima lunga sequenza dell'inseguimento con cui si apre il film credo che abbia fatto sussultare di gioia la signora Deming che tanto bramava di vedere un sequel ideale di "Fast and Furious", gli elementi del classico film d'azione c'erano tutti: la rapina, i malviventi, la polizia, il traffico cittadino, e un fuga da cardiopalma con conclusione beffarda per le forze dell'ordine. Fatto sta che Refn ha solo bluffato con chi si aspettava, come la povera signora, un film tutto inseguimenti e rombi di motore. Anzi il regista fa di più, soprattutto nella prima parte, riducendo al minimo i dialoghi ed insistendo con le inquadrature sull'ottimo protagonista. Se in "Bronson" la violenza veniva alternata a momenti ironici e quasi carnevaleschi, in Drive l'elemento violento tanto caro al regista, seppur non mancando, si alterna a silenzi pause e all'elemento romantico che scorre di sottofondo.
Qualche pecca c'è, come la trama che di certo non fa strabuzzare gli occhi sino a diventare piuttosto prevedibile, nel mancato sviluppo dei personaggi non protagonisti: ahi! che peccato quel Bryan Cranston(Breaking Bad) sottoutilizzato! a salvarsi solo un buon Ron Perlman nella parte di Nino. Rimane in ogni caso tanto buon cinema: oltre alla scena iniziale c'è da vedere e rivedere quella in ascensore come perfetta sintesi di amore e morte, c'è anche Ryan Gogling perfetto protagonista (e Refn è bravo ad esaltarne sempre il ruolo) che cattura l'occhio per la fisicità imponente(di nuovo Bronson) e per quei sorrisi accennati al posto di banali parole.
Infine c'è tanto anni 80', dalla scritta in sovra impressione nei titoli iniziali e di coda sino alle musiche, invadenti e canticchiabili. Non mancano tanti echi di cinema importante dalla pizzeria di Nino che ricorda un pò Spike Lee quando aveva a che fare con gli italiani, e un pò quella di Danny Aiello in "Leon"(Drive/Leon: rifletteteci), ma allargandoci perchè non metter dentro pure "Taxi Driver"(banalissimo!), "Collateral" di Michael Mann per le riprese aeree e le guide notturne, e persino "Grease"(e qui esagero!) nella gitarella con la ragazza e il bambino.
Per concludere, con buona pace per la carissima signora Deming, io non farò causa a Nicolas Winding Refn, anche perchè il finale mi piaciuto, e questo non capita spessissimo, e poi perchè quel finale sapeva tanto di Karma Police...



Scheda Film

Anno e Nazione: 2011, USA

Adieu

martedì 27 settembre 2011

Bronson

Nell'attesa che esca "Drive", ultima fatica di Nicolas Winding Refn prevista per il 30 Settembre, propongo la recensione di "Bronson", pellicola che ha esaltato la settima arte del regista danese.
"Bronson" è la storia(vera) del criminale più famoso del Regno Unito Michael Peterson, che ha scontato più di trent'anni di reclusione quasi interamente in isolamento, nessun omicidio a suo carico ma tante tante scazzottate con secondini e colleghi di cella. Refn evita di raccontare la storia di Peterson con piglio documentaristico e al contrario ne esalta quasi all'inverosimile una personalità ricca di spunti eccentrici e originali, nel look quanto nei modi.
Partendo da un'infanzia ovattata sino a primi piccoli crimini commessi, senza farne una menata socio antropologica sulla formazione del profilo criminale, lascia spazio al personaggio Bronson che su un palcoscenico teatrale dialoga, da navigato showman, con un pubblico ideale. In un equilibrio di musiche (Pet Shop Boys, New Order, lirica...) e di colori(su tutti il rosso sangue) tra momenti di ironia molto british e scene di violenza, isolamento e degrado emerge con tutta la sua forza il Charles Bronson mostruosamente interpretato da Tom Hardy che, pieno di muscoli e facce giuste, ruba la scena a man bassa.
La violenza ha un ruolo di assoluta centralità nella poetica cinematografica di Refn, in questo caso particolare è una violenza ferina vitale e quasi liberatoria, senza falsi moralismi, mezzo di ribellione alle rigide logiche della società inglese del Tatcherismo. A riguardo in una recente intervista raccolta in occasione dell'uscita di "Drive" il regista danese ha ribadito questo concetto, affermando che l'arte di per sè è già un atto di violenza, e che il cinema in particolare, essendo basato sulle emozioni, non può evitare di descrivere la più estrema tra tutte.
Voglio omaggiare il film con una tra le scene più interessanti per resa visiva e simbolica.
Buona Visione.





Scheda Film

Anno e Nazione: 2009, Gran Bretagna

Adieu

mercoledì 9 marzo 2011

Ladri di cadaveri - Burke & Hare

Edimburgo, primi dell'Ottocento. La capitale scozzese ospita una delle università di medicina più importanti in Europa, due medici anatomisti si sfidano a colpi di autopsie per primeggiare ed arrivare alla corte della Regina d'Inghilterra. L'altra faccia della capitale però è ben più "sporca", tra esecuzioni di piazza e disoccupazione in molti non riescono a sbancare il lunario. E' il caso di William Burke e William Hare, due furbi perdigiorno che colgono l'occasione per arricchirsi in seguito ad un decreto cittadino che garantisce i cadaveri freschi di esecuzione al solo dottor Monroe, a scapito dell'innovativo dottor Knox. Quest'ultimo si rivolgerà proprio a Buke & Hare per ottenere dei cadaveri, ma siccome questi non crescono sugli alberi...
John Landis per segnare il suo ritorno, a distanza di dodici anni dal pessimo sequel di "The Blues brothers", sceglie di ispirarsi ad una storia vera, trattando con ironia nerissima le gesta dei due serial killer scozzesi. Nonostante il basso profilo pubblicitario il risultato è ottimo, una commedia incalzante nel ritmo, cinica nel pensiero, ed esilarante negli esiti. Il cast è adeguatissimo ai ruoli, con il poliedrico Andy Serkis(da Gollum/Smeagol de "Il signore degli anelli" a recente Einstein) spalleggiato dal britannicissimo Simon Pegg, coadiuvati dagli esperti Tim Curry("The Rocky Horror Picture Show" e "IT") e Tom Wilkinson(attempato spogliarellista in "Full Monty") medici rivali. La coppia di protagonisti alterna la meschinità ed arrivismo di Serkis con il romanticismo e ingenuità di Pegg, come nella più classica commedia, che regala un finale intenso diviso tra amarezza e romanticismo.
Piccola curiosità finale sta nei titoli di coda, quando ironia dell'ironia scopriamo che il corpo di William Burke è tutt'ora esposto al Museo del Scienza di Edimburgo. Verità o finzione? Non importa, è una commedia!


Scheda Film

Anno e Nazione: 2010, Gran Bretagna

Adieu