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mercoledì 4 aprile 2012

Bubble


Martha e Kyle sono due operai di una fabbrica di bambole sperduta nell'Ohio, lei è una donna di mezza età non molto avvenente che divide le sue giornate tra la fabbrica e l'accudimento dell'anziano padre, lui è un giovane poco più che ventenne che arrotonda con altri lavori faticosi che si aggiungono a quello in fabbrica. I due sono accomunati da una particolare amicizia, Martha è molto protettiva nei confronti del ragazzo: passa a prenderlo a casa per portarlo a lavoro, con lui passa il tempo della pausa pranzo e si lasciano andare a piccole confidenze tra vecchi amici. Tutto procede piatto e imperturbabile sino all'arrivo di Rose, un ragazza coetanea di Kyle che finisce per recitare il ruolo di terzo incomodo agli occhi apparentemente paciosi di Martha. 
Soderbergh ha ormai consolidato il proprio ruolo di regista mimetico e poliedrico in grado di passare con estrema facilità dalle operazioni a budget infinito con attori strapagati - vedi i tre Ocean's, i due "Che" e l'ultimissimo "Contagion"- al più classico cinema low cost con attori esordienti e tematiche da Sundance. Al di là poi delle preferenze personali è fuor di dubbio che il cinema un pò alternativo a Soderbergh riesce pure bene, e il caso del nostro "Bubble" è emblatico. Una storia molto americana, ma facilmente riproponibile anche in chiave europa e nostrana, che ha per luogo la sterminata provincia industrializzata e alienante fatta "tutta allo stesso modo". Proprio questa "provincia meccanica" si offre come scenario placido e inquietante ai protagonisti della storia, i cui ritmi vitali sono scanditi da quelli delle macchine industriali, privi di colore e spunti di umanità, persi in discussioni sempre piatte a prescindere dal luogo o dalla situazione: la pausa pranzo, la cena davanti alla tivù e persino un'incontro amoroso. 
La presenza del regista seppur minimale si nota tramite l'insistenza di piani larghi per gli interni e larghissimi per gli esterni che danno una continua sensazione di straniamento, come anche la continua riproposizione delle operazioni di lavoro sempre uguali a se stesse. Tutto risulta congeniale a dare quella sensazione generale di oppressione e di meccanizzazione della vita insita nella modernità, gli esseri umani che diventano dei pupazzi(o bambole che dir si voglia) assemblati e messi insieme su una catena di montaggio che finisce per essere l'esistenza stessa. Un sorta di "Tempi moderni" in tempi contemporanei, dove il paesaggio stato d'animo fa un tutt'uno con il fermo immagine sugli occhi cerulei e vuoti di Martha, che esplode di efferata umanità finendo irrimediabilmente fuori dagli ingranaggi della società civile. Tutto molto agghiacciante. 



Scheda film 

Anno e Nazione: 2005, USA 

Adieu 

venerdì 3 febbraio 2012

Nodo Alla Gola


Si sa che il delitto perfetto non esiste, se poi sulla scena del delitto viene organizzato pure un party casalingo le possibilità di venir scoperti aumentano esponenzialmente. Accade così che Brandon e Philipp, due giovani esponenti dell’alta borghesia, probabilmente accomunati da una tenera amicizia, organizzino una cena apparecchiando il tutto su un baule contenente il corpo dell’amico brutalmente ucciso, senza apparente motivo, qualche ora prima proprio con uno strettissimo nodo alla gola. Tra gli invitati anche i genitori e la fidanzata della vittima. La serata scorre tra verbose discussioni filosofiche, è presente anche un loro caro ex professore, in un contesto del tutto surreale, nell’attesa dell’invitato che non arriverà mai, nonostante fosse molto molto vicino agli invitati stessi..
"Nodo alla gola" è in assoluto una delle prove maggiormente virtuose dal punto di vista tecnico  della filmografia di Hitchcock: costruito su un solo apparente piano sequenza, gli stacchi ci sono e sono circa 6-7 abilmente nascosti tra le pieghe del film, è inoltre la prima prova a colori per il registra britannico.La maiuscola prova dal punto di vista tecnico non si perde nella sola dimensione estetica: geniali movimenti di macchina che indugiano su determinati particolari servono perfettamente al meccanismo classico della suspence, mettendo in secondo piano persino la scena madre. Il risultato però è perfettamente funzionale al significato della pellicola, la storia si declina in maniera sinuosa e continuativa, che col passar dei minuti stringe sempre più una corda ideale(the rope) al collo dei colpevoli sino allo svelamento finale che prorompe proprio come la rumorosa apertura del baule.
Ispirato a una storia vera il delitto descritto perde nel doppiaggio italiano la dimensione di delitto privo di moventi, solo qualche ambiguità è sollevata da eventuali gelosie interpersonali. Un delitto efferato e totalmente immotivato, che vive dell’ebbrezza del momento e del rovesciamento moralistico che stuzzica la vita dei due giovani e annoiati killer, un pò Paul e Peter ante litteram protagonisti di “Funny Games”.Accanto alle figure dei suddetti “killer per caso” spunta quella dell’ex professore che scopre la loro follia, uno straordinario James Stewart, che nel monologo finale mostra tutto il proprio stupore, rabbia ed orrore per aver dato loro i mezzi culturali per giustificare tal delitto: “Può un uomo poter disporre della vita o della morte di un altro?”. Un beffardo e lungimirante occhio sulla storia dell’umanità intera. Capolavoro.


Scheda film

Anno e Nazione: 1948, USA
Main Characters: James StewartJohn DallFarley Granger

Adieu

lunedì 21 novembre 2011

Cane Di Paglia

David Sumner è un matematico dai modi affabili e paciosi che insieme alla bella compagna decide di trasferirsi in Cornovaglia, luogo di origine di lei, per poter portare a termine in tutta tranquillità dei complessi e boriosi studi. L'accoglienza nel piccolo centro villico non è però delle migliori tanto che il giovane matematico ben presto finisce per essere schernito a causa delle sue origini Usa e dei modi da "senza palle". Inoltre l'avvenente compagna Amy viene adocchiata da una vecchia fiamma mai esplosa, Tom, che, assunto insieme ad altri compaesani per dei lavori di ristrutturazione nella villa, appare disposto a tutto pur di poterla avere.
I rapporti di coppia dei due nuovi arrivati non vanno poi a gonfie vele perchè lui, in faccende lavorative affaccendato, finisce per trascurare lei, che al contrario maliziosamente coglie le scurrili avances dei (poco)lavoratori del luogo.
Ma come dice un vecchio detto "chi gioca con il fuoco prima o poi si brucia" e così Amy finirà per bruciarsi. David, il nostro inerme "Cane di paglia"non viene a conoscenza dell'accaduto, ma finirà per bruciarsi ugualmente quando dà riparo allo "scemo del villaggio" resosi involontariamente colpevole di un delitto. Il dado a quel punto è tratto, e la violenza divampa.
La vecchia, e maledettamente attuale, pellicola di Peckinpah è un'opera controversa, violenta, sporca, forse misogina, e spiazzante. Tratta dal romanzo "The Siege of Trencher's Farm" di Gordon Williams, che il regista ai tempi definì simpaticamente: "na schifezza".
"Cane di Paglia" è un film costruito sulle ambiguità dell'essere umano, che non descrive eroi, che distorce il classico rape/revenge, che non si sofferma alla sola reazione del "buono" nei confronti dei "cattivi". Questa ambiguità è pienamente rappresentata nelle scene chiave di "Cane di paglia", nel momento in cui lo stupro non è solo efferata violenza ma nasce da un rapporto passionale e consensuale. Così come l'uccisione della giovane ragazza nasce da una condivisione di affetto che, divenuta incontrollabile, si trasforma in violenza.
La stessa Amy è un personaggio che racchiude in se questa ambiguità: una donna forte ed emancipata che, a testa alta, passeggia per le vie del piccolo paese senza reggiseno, provocando gli sguardi laidi dei passanti, ben conscia della sensualità per la quale, in un logica distorta(misogina), subirà lo stupro. Ma Amy non recita soltanto la parte della vittima che invoca l'aiuto dell'amato, anzi prova persino a conciliare la questione valutando l'ennesimo tradimento.
Infine c'è David(Dustin Hoffman, basti solo questo), codardo sino al midollo, che ad un certo punto scatena tutta la sua furia cieca e deviata, come la vista con le lenti degli occhiali in frantumi, per difendere un assassino, ovvero il motivo "sbagliato" al posto di quello "giusto".
Ecco che qui sta la grandezza di Peckinpah che gioca con l'etica del buono e cattivo, del bene e del male, senza lasciare che l'empatia dello spettatore si schieri con l'uno o con l'altro, in modo che si senta la presenza di un errore, un passaggio saltato, un'anomalia di pensiero. Questa anomalia va oltre il pessimistico homo homini lupus, questa anomalia sta nel dialogo finale tra David e Henry Niles quando questo dice:"Non conosco la via giusta", e l'altro in maniera rassicurante risponde "Non fa niente". E' quella dell'Uomo che sa di non aver intrapreso la giusta via, ma che non se ne cura affatto.



Scheda Film

Anno e Nazione: 1971, USA

Adieu

mercoledì 16 novembre 2011

Mother's Day

Tre rapinatori si rifugiano in quella che credono essere la loro casa, uno di loro è ferito e necessità di cure urgenti, ma con somma sorpresa trovano una comitiva di trentenni intenta a dilettarsi in balli e giocate a stecche, ospitati dai coniugi Sohapi(che così tanto happy alla fine non saranno). Per loro la festa di compleanno si trasforma ben presto in un incubo perchè "Alla fine arriva mamma" e niente sarà come prima.
Dal regista di "Saw" II, III, IV.... XLVI ecco un filmetto niente male, un pò thriller, un pò splatter e soprattutto molto interessante.
Ambientato nel bel mezzo dell'arrivo di un uragano la vera tragedia si consuma all'interno delle mura domestiche( fatto già visto in altre occasioni simili tipo "Secuestrados" "A l'interieur" e soci) dove il gruppo di ostaggi viene tenuto a bada, non sempre con le buone, dai figli rapinatori e una mamma che ha gli occhi azzurri e severi dell'ottima Rebecca De Mornay.
Di "Mother's Day" mi hanno colpito un paio di ottime scelte del regista, la prima è legata all'attenta caratterizzazione dei personaggi, a cospetto di un folto gruppo di attori, nel quale spiccano figure femminili notevoli contrapposte a figure maschili deboli e fragili.
Così da un lato la madre è madre con la M maiuscola incarnando in se tutti i lati più estremi, nel bene e nel male, che rievocano tale figura: iperprotettiva, possessiva verso la casa, dolce, rassicurante, intransigente, vero punto di riferimento per i propri figli. A lei si contrappone un'altra donna, la Sohapi, che solo scorrendo il film mostra tutta la sua forza di donna umiliata e ferita, dando così vita ad un appassionante duello rusticano finale che tanto ricorda, nella forma quanto nei concetti, quello straordinario del mio tanto adorato "A l'interieur".
Detto delle donne veniamo, signori miei, ai carissimi uomini. Guardate non voglio dilungarmi più di tanto(come potrei?) in quanto si potrebbe stare a parlare tanto di personalità piagnucolose e insicure(i figli della Madre), fedifraghe e codarde(gli sventurati invitati), ma siccome sono buono dico soltanto di fare molta attenzione al personaggio sosia di De Luigi quando imita Carlo Lucarelli, detto questo siate certi che lui vi darà soddisfazioni!
Altro pezzo di bravura dell'ottimo Bousman è la gestione delle dinamiche interne ai gruppi nel film, cosa che puzza tanto di "Saw". I protagonisti, lontani da ogni pensiero di salvaguardia del gruppo, finiscono per farsi guerra tra di loro, sino a procurarsi da soli la morte, e il regista, con sapiente uso di scene splatter e violenze spesso più psicologiche che fisiche, sottolinea con cupo gusto la ferinità di tali gesti. A tal riguardo gustate con coscienzioso occhio la scena del Bancomat, ne vale la pena davvero.
Scheda Film

Anno e Nazione: 2010, USA

Adieu

martedì 1 novembre 2011

Vanishig On 7th Street

Un mega black out lascia permanentemente al buio la città di Detroit, piccolo particolare è che tutte le persone rimaste al buio spariscono, misteriosamente risucchiate dalle tenebre. A sopravvivere saranno un proiezionista, una fisioterapista, un reporter tv, un ragazzino di colore e una bambina, tutti loro, al momento del black out, erano vicini a una fonte di luce. Il ristretto gruppo di sopravvissuti si rifugia sulla settima strada, lì dove il generatore di luce di un pub rappresenta l'unico luogo in cui potere sopravvivere.
Brad Anderson sa il fatto suo, credo che ormai ci siano pochi dubbi. Il tema affrontato in"Vanishing on 7th Street" di primo impatto mi è parso un pò fragile e rischioso per essere trasformato in immagini, con il rischio di essere banali o perfino comici, invece la storia funziona eccome: non una goccia di sangue ma tanta angoscia, claustrofobia e ansia, che lasciano sempre alta la soglia della tensione, niente male!
La sindrome da apocalisse si sa che nell'horror funziona(zombie-movies docet), e nel nostro caso è pure ammantata da vecchie superstizioni come la scomparsa dei coloni da Roanoke nel 1587, e dal sole che non sorge più per catapultare l'intera umanità nell'atavico terrore del buio. Proprio il buio innesca un meccanismo di metafore dove la luce è salvifica e la tenebra corruttrice, non luogo in cui le anime rimangono in un limbo eterno.
Gli echi del cinema del regista non mancano, vedi le allucinazioni che ricordano tanto quelle dei protagonisti di "Session 9" o di Trevor Reznik ne "L'uomo senza sonno". Insomma ribaditi i punti forti di Anderson: sempre ottima fotografia fatta di colori tenui, una regia minimale e il sempre verde John Leguizamo(nonostante l'insipido protagonista). Poche cose non convincono appieno: le tenebre che attanagliano i sopravvissuti ricordano, spero involontariamente, quelle di "Ghost"con gli urletti e le sagome nere fluttuanti; le immagini dall'alto sulla città sanno un pò troppo di"28 giorni dopo" e "The Walking Dead", soprattutto il finale a cavallo nella highway deserta. Infine proprio il finale sembra un pò tirato per i capelli e approssimativo, ma, si sa, a me i finali spesso non piacciono!





Scheda Film

Anno e Nazione: 2010, USA

Adieu

lunedì 24 ottobre 2011

Red State

In un tranquilla cittadina americana tre giovani studenti dall'ormonella facile cadono nel trabocchetto di un'appuntamento di fuoco con un'aitante milf che promette loro di soddisfarli in gruppo. Dietro l'appuntamento bluff si nasconde una setta religiosa cristiana che si prende un pò troppo sul serio, tanto da voler uccidere i peccaminosi adolescenti. In seguito, più per casualità che per volontà( e dico casualità perchè lo stacco è un pò forzoso), un nucleo dell'FBI si ritrova ad assediare la casa degli orrori della famiglia Cooper, guidato da un generoso John Goodman(sempre bravo, invecchiato e dimagrito) che, tra molti dilemmi, deve far fronte alla richiesta dei suoi capi di rastrellare e uccidere tutti.
Prima di esprimere giudizi(sono qui per questo) bisogna fare un pò di ordine per orientarsi meglio. Kevin Smith si cimenta, a occhio pensoper la prima volta, in un genere assolutamente lontano dalla commedia, dove, dall'arciconosciuto "Clerks"(&figli) in poi, ha recitato un ruolo da capoccia. Parlavo proprio di genere in quanto "Red State" è un ibrido tra varie cose con un risultato non facilmente classificabile: horror nella prima parte, seguendo pò il filone torture, in seguito l'azione diventa protagonista tra sparatorie e adrenalinici inseguimenti, con un finale da film impegnato, anzi impegnatissimo, politicamente. Il miscuglio però può disorientare, per questo un pò stupisce di provare empatia verso quelli(la setta religiosa) che prima ti sembravano i "cattivi", e al contrario quelli(la police) che vengono per salvare baracche e baracchette in seguito si comportano da infami.
Il tutto mi ha disorientato così tanto che non riesco a capire se il film di Smith è buono, e in questo influisce soprattutto un ottimo cast con in testa il verboso Michael Parks nella parte de pastore di anime, il già citato Goodman, e la Melissa Leo illuminata dal Signore. Oppure è solo un film molto furbetto, della serie:"Tanto casino, un finale politico per far l'alternativo, e te ne esci pulito pulito."
Ecco magari il vero oggetto del contendere è proprio tutta la parte finale, quella impegnata politicamente per intenderci. Smith utilizza un tema caldo e attuale, da un lato una setta religiosa ultra cristiana, omofoba come poche, che in nome di Dio prende in mano un fucile; dall'altro lo Stato, colui che il fucile lo imbraccia per mestiere, e che ogni tanto(ogni tanto?) la mano se la fa pure scappare. Di mezzo c'è l'America di oggi, quella che vive ancora il trauma dell'11 settembre, quella che ripropone un maccartismoin salsa da terzo millennio. Da che parte stare? Smith, un sincero democratico(ahi!ahi!ahi!), una posizione la prende in quanto la sua è una critica a uno stato rosso(repubblicano), ma ci si domanda: ha per questo ragione? Beh, credo di no. Ma apprezzo il tentativo, adorabile Silent Bob!



Scheda Film

Anno e Nazione: 2011, USA

Adieu

giovedì 13 ottobre 2011

Drive

Giuro, rigiuro e spergiuro(lo so che ha senso contrario ma ci sta bene!) che prima di andare a vedere Drive non ho letto niente di niente, dalla trama alle recensioni, niente! Devo ammettere di essere stato molto ansioso di vedere l'ultima fatica di Nicolas Winding Refn, perchè? Non so, non che abbia visto altro della sua filmografia oltre "Bronson", ma il suo cinema mi ha sempre dato l'impressione di piacermi. Insomma andando al sodo, riguardo al mio appuntamento al buio con Drive, dico di esserne rimasto ben soddisfatto. Magari nel mondo c'è chi lo è stato meno: a quanto pare una donna americana, tal Sarah Deming, si è sentita truffata e ingannata dalla pellicola di Refn in quanto << troppo poco simile a "Fast and Furious">>. Considerando che c'è qualcuno che se la passa peggio di me vado un pò a parlare di sto maledetto film.
Il protagonista di Drive non ha un nome, non ha un passato, ma ha un presente piuttosto movimentato: di giorno fa lo stuntman, nei ritagli di tempo lavora in un'officina per macchine da corsa, e di notte presta servizio per dei criminali a cui serve un ottimo autista per fare le rapine. Lo scorrer via delle sue giornate è alienante e ripetitivo, nessun affetto lo attende tra le mura domestiche. L'incontro con una donna sposata però ne cambierà le sorti, e lo spingerà a tentare una rapina dagli esiti tutt'altro che benevoli.
La prima lunga sequenza dell'inseguimento con cui si apre il film credo che abbia fatto sussultare di gioia la signora Deming che tanto bramava di vedere un sequel ideale di "Fast and Furious", gli elementi del classico film d'azione c'erano tutti: la rapina, i malviventi, la polizia, il traffico cittadino, e un fuga da cardiopalma con conclusione beffarda per le forze dell'ordine. Fatto sta che Refn ha solo bluffato con chi si aspettava, come la povera signora, un film tutto inseguimenti e rombi di motore. Anzi il regista fa di più, soprattutto nella prima parte, riducendo al minimo i dialoghi ed insistendo con le inquadrature sull'ottimo protagonista. Se in "Bronson" la violenza veniva alternata a momenti ironici e quasi carnevaleschi, in Drive l'elemento violento tanto caro al regista, seppur non mancando, si alterna a silenzi pause e all'elemento romantico che scorre di sottofondo.
Qualche pecca c'è, come la trama che di certo non fa strabuzzare gli occhi sino a diventare piuttosto prevedibile, nel mancato sviluppo dei personaggi non protagonisti: ahi! che peccato quel Bryan Cranston(Breaking Bad) sottoutilizzato! a salvarsi solo un buon Ron Perlman nella parte di Nino. Rimane in ogni caso tanto buon cinema: oltre alla scena iniziale c'è da vedere e rivedere quella in ascensore come perfetta sintesi di amore e morte, c'è anche Ryan Gogling perfetto protagonista (e Refn è bravo ad esaltarne sempre il ruolo) che cattura l'occhio per la fisicità imponente(di nuovo Bronson) e per quei sorrisi accennati al posto di banali parole.
Infine c'è tanto anni 80', dalla scritta in sovra impressione nei titoli iniziali e di coda sino alle musiche, invadenti e canticchiabili. Non mancano tanti echi di cinema importante dalla pizzeria di Nino che ricorda un pò Spike Lee quando aveva a che fare con gli italiani, e un pò quella di Danny Aiello in "Leon"(Drive/Leon: rifletteteci), ma allargandoci perchè non metter dentro pure "Taxi Driver"(banalissimo!), "Collateral" di Michael Mann per le riprese aeree e le guide notturne, e persino "Grease"(e qui esagero!) nella gitarella con la ragazza e il bambino.
Per concludere, con buona pace per la carissima signora Deming, io non farò causa a Nicolas Winding Refn, anche perchè il finale mi piaciuto, e questo non capita spessissimo, e poi perchè quel finale sapeva tanto di Karma Police...



Scheda Film

Anno e Nazione: 2011, USA

Adieu

lunedì 26 settembre 2011

Secuestrados - Kidnapped

Raccontare la trama di "Secuestrados" risulta piuttosto semplice: una ricca famiglia madrilena composta da padre madre e figlia, va a vivere in una villa lussuosa ma un pò isolata, la prima notte nella nuova dimora si trasforma in un incubo quando tre individui incappucciati fanno irruzione per derubarli.
Il tema di per se non è il massimo dell'originalità, negli ultimi anni anche del buon cinema(ma anche no..) ha trattato variamente queste situazioni, da "Funny Games"(citato con buon gusto dal regista) ai più recenti "The Strangers", "Them" ecc. ecc.
La pellicola di Miguel Angel Vivas si muove tra il "già visto" e qualche spunto interessante, tra il thriller psicologico e l'horror rape & un pò revenge(a riguardo stupirà il finale...). La parte del "già visto" si fa sentire e un pò nuoce alla visione, vedi la scrittura dei personaggi: tra i tre rapitori c'è il cattivissimo e sadico, quello con esperienza e taciturno, e soprattutto, seguendo la vecchia regola di "sbirro buono, sbirro cattivo" e rovesciandola un pò, troviamo il cattivo con spunti di filantropismo che inizia a pentirsi della malefatta.
Tra i rapiti direi che la figlia si rende del tutto insopportabile(ma il linea con tante pessime interpretazioni nel genere) ammorbando per più di un ora con urletti e sospirini che fanno andar di matto.
Di buono invece c'è la fattura del film, coraggiosa soprattutto la scelta di girare quasi interamente con la camera a mano, spesso ritenuta una pessima idea, ma in questo caso utile nel rendere bene i momenti di tensione senza far venire il mal di mare(siamo lontani da [REC], tranquilli!). Altra finezza tecnica è la divisione in due dello schermo adottata per alcune scene molto movimentate, roba da videoclip insomma, ma che ancora una volta rende il momento senza esasperare troppo lo spettatore. In definitiva nulla di trascendentale per un film che scorre abbastanza rapidamente, 80 minuti con qualche sofferenza nella parte centrale, fatto da un regista con buone idee, soprattutto a livello tecnico, che si è fidato di un tema a botta sicura che nutre voyeuristicamente l'immaginario dello spettatore nel vedere raccontato un incubo tanto vicino quanto tranquillizzante a portata di un clic sul telecomando.



Scheda Film

Anno e Nazione: 2011, Spagna

Adieu

venerdì 2 settembre 2011

L'altro uomo - Delitto per Delitto



"Questa è una qualunque stazione ferroviaria, di una città qualunque, in un giorno qualunque..."

Così inizia a raccontare la voce fuoricampo del regista nel presentare una storia che, come più volte ribadito, è basata sulla casualità delle cose umane. Due uomini: un famoso tennista ed un emerito sconosciuto si incontrato su un treno, e dopo dei normalissimi convenevoli, lo sconosciuto rivolge al famoso tennista un proposta sconvolgente: in cambio dell'uccisione del padre, lo sconosciuto ucciderà a sua volta la moglie del tennista che non vuol concedere lui il divorzio... lo sconosciuto non viene preso sul serio e per "l'altro uomo" sarà l'inizio di una marea di guai.
Il film di Hitchcock del 1951 è stato distribuito in Italia anche con il titolo "Delitto per delitto", anche se credo che illuminante sia il titolo originale "Strangers on train", che sottolinea la casualità dell'incontro avvenuto su uno dei mezzi di trasporto più utilizzati nella quotidianità. "L'altro uomo" è un film al confine tra noir e thriller che propone temi quali l'ossessione della persona comune verso la vita privata del divo di turno, e come la vita di quest'ultimo sia sempre sotto gli occhi indiscreti di tante e troppe persone. Hichtcock è sempre attuale nei temi quanto nel fare cinema e trasforma l'ossessione in azione e suspence come ancora in pochi sanno fare, su tutti il finale ambientato nel luna park(anomalo luogo del delitto) dove i protagonisti si affrontano in una giostra impazzita che, utilizzata come metafora del destino degli uomini, gira e rigira investendo e sconvolgendo la vita di questi ultimi.
Posto qui il video dei primi minuti del film in cui il regista presenta la storia senza lesinare un'arguta ironia.


Link streaming

Scheda Film

Anno e Nazione: 1951, USA

Adieu

mercoledì 31 agosto 2011

Second Name

Daniella Logan è un'entomologa, pochi giorni prima del suo compleanno il padre Theodore, ricco uomo d'affari, si suicida sparandosi un colpo in testa senza apparenti motivi. La figlia comincia così una lunga ricerca che provi a spiegare un gesto così clamoroso, finirà per scoprire segreti terribili che riguardano la propria famiglia, ed il ricco ambiente nel quale è cresciuta.
Paco Plaza, colui che insieme a Jaume Balaguerò confezionò lo straconosciuto "[REC]", non si cimenta in un horror chiassoso e sanguinolento bensì un thriller ben intrecciato nella trama, dai ritmi piuttosto cadenzati, che crescono sino a sfociare in un finale molto drammatico e spiazzante. Le ambientazioni: ospedali psichiatrici, chiese, sagrestie e cimiteri, rendono il tutto molto cupo e claustrofobico. La ricerca della protagonista sconvolge del tutto il ruolo della famiglia in cui è cresciuta, annullando ogni forma di sicurezza;Il secondo nome, non luogo in cui risiede il male, il peccato originale che, a distanza di anni, torna implacabile a farsi sentire. Il regista propone una dura critica alla Spagna ultra cattolica delle sette occulte che terreno fertile trovano nell'opulenta borghesia d'affari. In seguito un'interesse simile verrà proposto anche in"[REC]2", nell'occasione si occuperà di satanismo, ma con risultati piuttosto banali e deludenti.


Scheda Film

Regia: Paco Plaza
Anno e Nazione: 2002, Spagna

Adieu

martedì 10 agosto 2010

Exam

Un stanza asettica, otto postazioni per altrettanti candidati, un foglio bianco ed una matita, una guardia ed un tizio che presenta la prova da superare per essere poter occupare un misterioso posto di lavoro in una misteriosa azienda. Poche e semplici regole: non si può danneggiare o imbrattare volontariamente o involontariamente il foglio, ne uscire dalla stanza, pena l'esclusione. 80 minuti di tempo per trovare la risposta ad un domanda esplicitamente non data. Una prova misteriosa e spiazzante che metterà a dura prova i nervi dei candidati, che daranno vita ad una contesa senza esclusione di colpi.
La prima ironica considerazione che viene in mente finito il film è:"Ma guarda un pò che bisogna fare per poter lavorare!" E visti i tempi che corrono, per assurdo, potrebbe essere un scenario futuro possibile.
Hazeldine, regista sceneggiatore e produttore, mette in scena una sorta di survivor entro le quattro mura, presenta pochi ed enigmatici elementi che molto coinvolgono lo spettatore che si immedesima con gli interrogativi dei protagonisti. La scelta di quest'ultimi poi è abbastanza azzeccata, otto candidati differenti per etnia e status sociale che tessono alleanze più o meno velate, e che finiscono a loro volta per disorientare ancora di più. Insomma la formula è molto "furba" ed il ritmo si mantiene alto per buona parte del film, complice anche la quasi totale coincidenza fra il conto alla rovescia della prova ed il tempo della storia, come si può immaginare la differenza la faranno pochi piccoli particolari che un attento spettatore potrà notare. Il finale è alquanto deludente, il sadismo della prova si annacqua con una conclusione filantropica e fantascientifica che personalmente non mi piace affatto, una banale compensazione ai mali che vengono presentati durante il film.
In conclusione un thriller che parte bene in quanto a ritmo e mistero ma che finisce per arenarsi su un finale rassicurante e moscio.
Meritevole il tentativo, nulla più.

Il film è sottotitolato, in quanto mai uscito in Italia, e fra le molte porcherie che si vedono un posticino poteva essergli riservato. Questo il link streaming: http://watch.altervista.org/blog/?p=20327

Scheda Film

Anno e Nazione: 2009, Gran Bretangna

Adieu