E' il 1927 e siamo a Hollywood nel pieno della age d'or del cinema muto, George Valentin ne rappresenta la punta di diamante, l'attore più acclamato, un'autentica star, divinizzato dal pubblico e dalla stampa, un pò meno dalla critica, ma che importa! Una personalità enorme che difficilmente divide il palco e la gloria con altri, nelle sue brillanti performance duetta con il fedele e intelligentissimo cagnolino che fa piegare in due gli spettatori con le sue mirabolanti evoluzioni, la fama del celebre attore appare intramontabile. Valentin è (in)felicemente sposato con Doris, un bella e statuaria bionda, ma quando incontra casualmente una sua fan, Peppy Miller, tra i due scocca un'intesa molto profonda e particolare. I due recitano pure insieme, ma l'inattesa piega degli eventi finirà per allontanarli. Solo un paio di anni dopo, siamo nell'annus horribilis 1929, la situazione muta radicalmente con l'avvento del sonoro e le quotazioni di George Valentin crollano. L'inarrestabile macchina mediatica vuole facce "nuove" per un cinema "nuovo", serve "carne fresca" per alimentare l'enorme business cinematografico.
Peppy Miller cavalca l'onda della novità e diventa un mito multimilionario, George Valentin, invece, prova ostinatamente a rilanciare il muto e,complice la Grande Depressione, finisce per rimanere senza un soldo. Finisce in malora e valuta il suicidio.
Strana la storia di "The Artist", che per ironia della sorte passa attraverso gli eventi storici, li riattualizza, creando corrispondenze con l'attualità molto particolari. Un film che probabilmente sarebbe rimasto di nicchia, esaltato solo dalla critica, e invisibile al grande pubblico(impietosi in questo senso i paragoni di incassi tra Italia e USA). Ma, come detto, per ironia della sorte, "The Artist" finisce per essere incensato dall'evento più commerciale e mediatico del cinema mondiale, ovvero la premiazione degli Oscar 2012, evento nel quale pesca ben 5 statuette, tra cui "miglior regia" e "miglior film". Ma qual'è la particolarità di "The Artist"? La particolarità sta nell'essere un film muto, proprio quel muto che nella storia del film viene soppiantato dal sonoro, proprio quel muto che viene estromesso e annientato dal trionfo dei suoni. Una sorta di rovesciamento, di scambio di ruoli, un ritorno alla poeticità dell'espressioni facciali e la mimica corporale, dei cartelli che compaiono improvvisamente con le battute dei protagonisti, accompagnati da un sottofondo musicale espressivo ed incessante, con l'intramontabile bianco e nero e le luci che seguono la logica "smarmellante" di borissiana memoria. Si può fare dietrologia a iosa sul trionfo di un piccolo film muto nella notte più glamour del cinema: ricerca di un'autenticità che nell'era del 3D rischia di perdersi? Un'operazione revival per scongelare vecchie pellicole e accapparrarsi i diritti d'autore? E' davvero un Capolavoro? E' una botta di culo? Chissà! Fatto sta che "The Artist" non passa inosservato, va oltre le ogni illazione e punta dritto al cuore.
La scelta degli attori rasenta la perfezione: il George Valentin di Dujardin nella fisicità ricorda un pò Rodolfo Valentin(o) e un pò Clouseau(i baffetti!) e sulla scena emoziona quando prova a cacciare un urlo disumano che risulta del tutto afono, personificando così l'ineluttabile destino di un'intero movimento cinematografico. Da non dimenticare l'ottima Berenice Bejo che impersona una Penny Miller fuori dagli schemi della classica showgirl anni '20, simpatica, affascinante e mai banale.
"The Artist" era una scommessa rischiosa che Hazanavicius vince a mani basse costruendo un disegno che si compone perfettamente, tra gli attori protagonisti e non(sempre validi Goodman e James Crowell), e una carica di espressività ed emotività ben diluita nei 100 minuti a disposizione, ed in particolare in un finale esaltante. Si, trattasi di Capolavoro. E che importa se è soltanto per una sera, ma "The Artist" si è preso una bella rivincita, storica, quasi epocale(era proprio dal 1929 che un film muto non vinceva l'Oscar), sul cinema ultra tecnologico che da un lato amplia le dimensioni, e dall'altro, come sempre più spesso capita, assottiglia le emozioni.
Scheda film
Regista: Michel Hazanavicius
Anno e Nazione: 2011, Francia
Main Characters: Jean Dujardin, Berenice Bejo, John Goodman
Adieu
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sabato 3 marzo 2012
venerdì 16 dicembre 2011
Midnight In Paris

L'anno che sta per concludersi non ci ha di certo fatto mancare le grandi firme: da Von Trier a Polanski, passando per Cronenberg, Almodovar, Malick e Ficarra & Picone e qualcun'altro che dimentico, offrendoci risultati un pò alterni con tanto fumo(vero Ficarra & Picone?) e molto poco arrosto. Ma proprio allo scadere ecco che il buon vecchio Allen lascia la zampata giusta, chiaramente non annulla le magagne altrui, però ci riconcilia un pò col buon cinema.
"Midnight in Paris" nasce da un'idea semplice, un sentire comune, un sentimento che nella vita di un essere umano, con maggiore o minore intensità, prima o poi, si finisce per vivere: la nostalgia.
La storia del protagonista Gil Pender, un annoiato sceneggiatore hollywoodiano con velleità da romanziere, è quella di un incontentabile nostalgico che sta per sposare un donna bella e superficiale. Gil sogna di vivere a Parigi in un piccolo attico dalle finestre larghe e passeggiare con la baguette sotto l'ascella(scelta discutibile), lei in maniera molto più netta ha deciso che vivranno in una villa a Malibù, con tanti saluti alle baguette.

Allen ci racconta una favola ambientata in una città che di per sé sa di favola, magica e romantica come non mai, abitata da persone che magari non saranno una favola(perchè i milanesi sono simpatici? e i veronesi? e i napoletani?e palermitani?), rievocando un tempo che sa di favola, l'età dell'oro della cultura europea. Il vecchio Woody nella sua "Operazione Nostalgia"prova a rimanere lucido, fa dire ai suoi personaggi che la nostalgia non è altro che negazione di un presente doloroso, facendo notare come non esista un'età dell'oro in sé e per sé, in quanto negli anni venti si guardava alla Belle Epoque, e durante la Belle Epoque si guardava al Rinascimento, in un continuo portare indietro le lancette del tempo per poter ritrovare il proprio posto ideale nell'esistente. Sceglie la propria età dell'oro e con questa fa i conti, si immedesima, prova a togliere la maschera, ma in realtà la ammira come un bambino che si trova per la prima volta in un luna park. 


Passando a cose più umane "Midnight in Paris" restituisce ad Allen l'aura, ultimamente un pò sbiadita, di "Re dei 90 minuti" dopo che gli ultimi salti attraverso le città europee non erano stati poi tutto sto spettacolo. Owen Wilson se la cava più che bene, inizialmente non gli avrei dato due lire, con tanto di movenze alleniane, in un contesto di attori in forma, e sono tanti, come un Adrien Brody/Dalì che in pochissimi minuti si merita la menzione. Ah!! dimenticavo la premiére dame Carlà Brunì! La sua interpretazione è d'impatto, bisogna ammetterlo, lo stesso impatto che ha un moscerino sul parabrezza di un Boeing 747, così tanto per capirci.
Infine piccola nota sulla scena finale tagliata con l'accetta come aveva già notato Frank Manila, ovvero la scena comincia con Wilson che parla alla ragazza senza che questa appaia sulla scena stessa o vi entri successivamente, come se stesse parlando a un muro... Per dovere di cronaca a quanto pare la colpa è del moscerino...
Link streaming: http://www.piratestreaming.com/film/midnight-in-paris.html

Scheda Film
Regia: Woody Allen
Anno e Nazione: 2011, USA
Adieu
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Woody Allen
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