mercoledì 16 maggio 2012

Fratelli




Nella New York degli anni 30’ della rivoluzione fordista, del fiorente cinema “all’americana”*, dei bar post proibizionismo, dei porno-amatoriali proiettati in bordelli bui e fumosi, la famiglia Tempio si stringe nel dolore per la prematura morte di Johnny, il terzo e ultimo fratello di una famiglia malavitosa italoamericana. La lunga veglia del funerale(“The Funeral”, il titolo originale) è l’occasione per meditare sulla vendetta per l’assassinio e, al tempo stesso, un momento per scavare tra le pieghe oscure del sacro nucleo familiare.
“Fratelli” ha ben poco del classico gangster movie o mafia movie, che dir si voglia. Non ci troviamo di fronte alla genesi, apice e fine di un impero malavitoso, con traffici illeciti che spostano vagonate di dollari.
Siamo ben lontani dallo spaccato, tanto ironico quanto geniale, di “Quei bravi ragazzi” di Scorsese, o dalla saga criminale più famosa del cinema che mi par superfluo citare. Questo improprio gangster movie di Abel Ferrara è il più classico e terribile dramma familiare che si declina col passare dei minuti prestando tante buone facce ai diversi personaggi, con Chris Penn(Pace all’anima sua! divino!)e Vincent Gallo sugli scudi, nel quale i diversi soggetti si muovono autonomamente e inconsapevolmente verso la distruzione. Ray, il fratello più grande, è un uomo freddo e determinato che trova la sua unica ragione di vita nella vendetta per la morte di Johnny. Chez, il fratello mediano, è un uomo apparentemente gioviale e pacioso ma tanto fragile psicologicamente da diventare folle. Johnny, il fratello defunto, è un carattere idealista e ribelle, vicino alle istanze operaie, che non disdegna la bella vita tanto da cacciarsi nei guai. («Quel fanatico di tuo fratello, anarchico e puttaniere!»– « No, no, no… Johnny era comunista.»).  
A queste individualità maschili troviamo come contraltare le donne: le mogli, che rimangono a casa consce dei mariti fedifraghi, forti e unite, razionali ma impotenti e rassegnate davanti alla natura ribelle e ferina dei loro uomini. («Sant’Agnese… è la protettrice della purezza.» – «Tu le sei devota?»– «No, sta lì solo per ricordarmi cosa succede a chi dice di no.»).Su questa spaccatura Ferrara mette in scena il dramma della “Famiglia” per antonomasia, oramai annientata. Posiziona da una parte le positive figure femminili e dall’altra quelle negative torbide e insensate dei suoi personaggi maschili che operano in nome di Dio, seguendo una personale giustizia privata e divina. Appare chiaro a tutti dove risieda il “Giusto e Razionale” di questa storia, ma il fatto è che, lo si voglia o meno, questi rimangono solo ed esclusivamente degli “affari da uomini”… Un po’ come quella porta che, inesorabile, si chiude davanti agli occhi di Kay nel finale di un famoso film… 


*Il riferimento è al film proiettato tra le prime immagini "The Petrified Forest" del 1936 di Archie Mayo, con Bette Davis e un giovane Humphrey Bogart 

Scheda film

Regia: Abel Ferrara
Anno e Nazione: 1996, USA

mercoledì 4 aprile 2012

Bubble


Martha e Kyle sono due operai di una fabbrica di bambole sperduta nell'Ohio, lei è una donna di mezza età non molto avvenente che divide le sue giornate tra la fabbrica e l'accudimento dell'anziano padre, lui è un giovane poco più che ventenne che arrotonda con altri lavori faticosi che si aggiungono a quello in fabbrica. I due sono accomunati da una particolare amicizia, Martha è molto protettiva nei confronti del ragazzo: passa a prenderlo a casa per portarlo a lavoro, con lui passa il tempo della pausa pranzo e si lasciano andare a piccole confidenze tra vecchi amici. Tutto procede piatto e imperturbabile sino all'arrivo di Rose, un ragazza coetanea di Kyle che finisce per recitare il ruolo di terzo incomodo agli occhi apparentemente paciosi di Martha. 
Soderbergh ha ormai consolidato il proprio ruolo di regista mimetico e poliedrico in grado di passare con estrema facilità dalle operazioni a budget infinito con attori strapagati - vedi i tre Ocean's, i due "Che" e l'ultimissimo "Contagion"- al più classico cinema low cost con attori esordienti e tematiche da Sundance. Al di là poi delle preferenze personali è fuor di dubbio che il cinema un pò alternativo a Soderbergh riesce pure bene, e il caso del nostro "Bubble" è emblatico. Una storia molto americana, ma facilmente riproponibile anche in chiave europa e nostrana, che ha per luogo la sterminata provincia industrializzata e alienante fatta "tutta allo stesso modo". Proprio questa "provincia meccanica" si offre come scenario placido e inquietante ai protagonisti della storia, i cui ritmi vitali sono scanditi da quelli delle macchine industriali, privi di colore e spunti di umanità, persi in discussioni sempre piatte a prescindere dal luogo o dalla situazione: la pausa pranzo, la cena davanti alla tivù e persino un'incontro amoroso. 
La presenza del regista seppur minimale si nota tramite l'insistenza di piani larghi per gli interni e larghissimi per gli esterni che danno una continua sensazione di straniamento, come anche la continua riproposizione delle operazioni di lavoro sempre uguali a se stesse. Tutto risulta congeniale a dare quella sensazione generale di oppressione e di meccanizzazione della vita insita nella modernità, gli esseri umani che diventano dei pupazzi(o bambole che dir si voglia) assemblati e messi insieme su una catena di montaggio che finisce per essere l'esistenza stessa. Un sorta di "Tempi moderni" in tempi contemporanei, dove il paesaggio stato d'animo fa un tutt'uno con il fermo immagine sugli occhi cerulei e vuoti di Martha, che esplode di efferata umanità finendo irrimediabilmente fuori dagli ingranaggi della società civile. Tutto molto agghiacciante. 



Scheda film 

Anno e Nazione: 2005, USA 

Adieu 

sabato 3 marzo 2012

The Artist

E' il 1927 e siamo a Hollywood nel pieno della age d'or del cinema muto, George Valentin ne rappresenta la punta di diamante, l'attore più acclamato, un'autentica star, divinizzato dal pubblico e dalla stampa, un pò meno dalla critica, ma che importa! Una personalità enorme che difficilmente divide il palco e la gloria con altri, nelle sue brillanti performance duetta con il fedele e intelligentissimo cagnolino che fa piegare in due gli spettatori con le sue mirabolanti evoluzioni, la fama del celebre attore appare intramontabile. Valentin è (in)felicemente sposato con Doris, un bella e statuaria bionda, ma quando incontra casualmente una sua fan, Peppy Miller, tra i due scocca un'intesa molto profonda e particolare. I due recitano pure insieme, ma l'inattesa piega degli eventi finirà per allontanarli. Solo un paio di anni dopo, siamo nell'annus horribilis 1929, la situazione muta radicalmente con l'avvento del sonoro e le quotazioni di George Valentin crollano. L'inarrestabile macchina mediatica vuole facce "nuove" per un cinema "nuovo", serve "carne fresca" per alimentare l'enorme business cinematografico.
Peppy Miller cavalca l'onda della novità e diventa un mito multimilionario, George Valentin, invece, prova ostinatamente a rilanciare il muto e,complice la Grande Depressione, finisce per rimanere senza un soldo. Finisce in malora e valuta il suicidio.
Strana la storia di "The Artist", che per ironia della sorte passa attraverso gli eventi storici, li riattualizza, creando corrispondenze con l'attualità molto particolari. Un film che probabilmente sarebbe rimasto di nicchia, esaltato solo dalla critica, e invisibile al grande pubblico(impietosi in questo senso i paragoni di incassi tra Italia e USA). Ma, come detto, per ironia della sorte, "The Artist" finisce per essere incensato dall'evento più commerciale e mediatico del cinema mondiale, ovvero la premiazione degli Oscar 2012, evento nel quale pesca ben 5 statuette, tra cui "miglior regia" e "miglior film". Ma qual'è la particolarità di "The Artist"? La particolarità sta nell'essere un film muto, proprio quel muto che nella storia del film viene soppiantato dal sonoro, proprio quel muto che viene estromesso e annientato dal trionfo dei suoni. Una sorta di rovesciamento, di scambio di ruoli, un ritorno alla poeticità dell'espressioni facciali e la mimica corporale, dei cartelli che compaiono improvvisamente con le battute dei protagonisti, accompagnati da un sottofondo musicale espressivo ed incessante, con l'intramontabile bianco e nero e le luci che seguono la logica "smarmellante" di borissiana memoria. Si può fare dietrologia a iosa sul trionfo di un piccolo film muto nella notte più glamour del cinema: ricerca di un'autenticità che nell'era del 3D rischia di perdersi? Un'operazione revival per scongelare vecchie pellicole e accapparrarsi i diritti d'autore? E' davvero un Capolavoro? E' una botta di culo? Chissà! Fatto sta che "The Artist" non passa inosservato, va oltre le ogni illazione e punta dritto al cuore.
La scelta degli attori rasenta la perfezione: il George Valentin di Dujardin nella fisicità ricorda un pò Rodolfo Valentin(o) e un pò Clouseau(i baffetti!) e sulla scena emoziona quando prova a cacciare un urlo disumano che risulta del tutto afono, personificando così l'ineluttabile destino di un'intero movimento cinematografico. Da non dimenticare l'ottima Berenice Bejo che impersona una Penny Miller fuori dagli schemi della classica showgirl anni '20, simpatica, affascinante e mai banale.
"The Artist" era una scommessa rischiosa che Hazanavicius vince a mani basse costruendo un disegno che si compone perfettamente, tra gli attori protagonisti e non(sempre validi Goodman e James Crowell), e una carica di espressività ed emotività ben diluita nei 100 minuti a disposizione, ed in particolare in un finale esaltante. Si, trattasi di Capolavoro. E che importa se è soltanto per una sera, ma "The Artist" si è preso una bella rivincita, storica, quasi epocale(era proprio dal 1929 che un film muto non vinceva l'Oscar), sul cinema ultra tecnologico che da un lato amplia le dimensioni, e dall'altro, come sempre più spesso capita, assottiglia le emozioni.


Scheda film

Regista: Michel Hazanavicius
Anno e Nazione: 2011, Francia
Main Characters: Jean Dujardin, Berenice Bejo, John Goodman

Adieu

venerdì 2 marzo 2012

Wall-E


Ammetto di averlo visto con un ritardo importante, la storia è piuttosto nota: siamo nel 2805 e il pianeta Terra è ormai disabitato, l'umanità vaga nello spazio da più di 700 anni dentro una crociera interminabile nell'attesa che la Terra, afflitta da un'inquinamento di proporzioni bibliche, torni ad essere abitabile. Il progetto di smaltimento dei rifiuti terrestri varato centinaia di anni prima è ormai fallito, solo un piccolo robottino dalle fragili braccia meccaniche, di nome Wall-E, è rimasto nel tentativo di riordinare il caos di un paesaggio dalle sembianze venusiane. Attorno a lui solo montagne di rifiuti di ogni genere e una vivace blatta sopravvissuta che gli ronza intorno.
Il simpatico Wall-E, costretto all'isolamento da centinaia di anni, inizia a sviluppare comportamenti molto "umani": rivede in continuazione lo stesso musical"Hello, Dolly!", con infantile curiosità utilizza strumenti quotidiani a lui del tutto sconosciuti, e quando incontra EVE, un robot femmina mandato sulla terra alla ricerca di vita,se ne innamora perdutamente manifestandole un affetto non del tutto ricambiato. La missione di EVE, trovata una forma di vita vegetale, termina per fare ritorno sulla immensa nave da crociera, portando con sé, inconsapevolmente, l'intruso Wall-E, che finirà per cambiare le sorti della nomade umanità.
Il lungometraggio della Pixar "Wall-E" prende forma e si muove con grande dignità tra i pensieri di Asimov e Kubrick, infarcendo il tutto con speranze ambientaliste e anticonsumiste, e persino critiche anticapitaliste in quanto l'umanità è governata da una grande azienda commerciale. Insomma un'opera di intrattenimento per bambini, nella quale di certo non mancano gustosissimi siparietti e buffe situazioni, ma anche il tentativo di rendere "Wall-E" non soltanto quello. Prova a guardare oltre, sino agli adulti, gettando un occhio pessimista, quasi distopico, sull'umanità che siamo e che possibilmente saremo. Questa umanità descritta è pigra e obesa, si muove trangugiando cibo in continuazione sdraiata su una poltrona ambulante, che fila dritta e inesorabile su binari già tracciati, mentre osserva irretita uno schermo olografico.
Gli uomini non si guardano più negli occhi, e non comprendono il significato, tra gli altri, di vocaboli elementari come "terra" e "danzare". Si vive in un contesto alienante fatto di invadenti pubblicità, estremamente rumorose e colorate, attorniati da un esercito di servizievoli robot. Proprio questi ultimi adesso hanno il controllo, ecco Asimov, e nel momento in cui l'uomo prova a riprendere la propria posizione di preminenza si ribellano e si ammutinano guidati da un novello HAL 9000, ecco Kubrick, per far capire che senza loro l'uomo non può andare avanti. Ricordandoci che alla fine è solo una bella favola, l'uomo ottimisticamente riesce a rialzarsi, con la stessa fatica di chi si alza dal divano dopo aver dimenticato il telecomando, e con orgoglio riprende in mano il controllo della propria esistenza. Tra un romanticismo senza tempo, una bella e atipica storia di amore, un citazionismo di buona fattura(oltre ai già citati: siamo proprio sicuri che il robot Wall-E non sia scopiazzato da Corto Circuito?), momenti esilaranti e contenuti non da poco, "Wall-E" va oltre la dimensione del "cartone per bambini" e prova, con buoni risultati, ad aprirci un pò gli occhi.


Scheda film

Regia: Andrew Stanton
Anno e Nazione: 2008, USA

Adieu

venerdì 3 febbraio 2012

Nodo Alla Gola


Si sa che il delitto perfetto non esiste, se poi sulla scena del delitto viene organizzato pure un party casalingo le possibilità di venir scoperti aumentano esponenzialmente. Accade così che Brandon e Philipp, due giovani esponenti dell’alta borghesia, probabilmente accomunati da una tenera amicizia, organizzino una cena apparecchiando il tutto su un baule contenente il corpo dell’amico brutalmente ucciso, senza apparente motivo, qualche ora prima proprio con uno strettissimo nodo alla gola. Tra gli invitati anche i genitori e la fidanzata della vittima. La serata scorre tra verbose discussioni filosofiche, è presente anche un loro caro ex professore, in un contesto del tutto surreale, nell’attesa dell’invitato che non arriverà mai, nonostante fosse molto molto vicino agli invitati stessi..
"Nodo alla gola" è in assoluto una delle prove maggiormente virtuose dal punto di vista tecnico  della filmografia di Hitchcock: costruito su un solo apparente piano sequenza, gli stacchi ci sono e sono circa 6-7 abilmente nascosti tra le pieghe del film, è inoltre la prima prova a colori per il registra britannico.La maiuscola prova dal punto di vista tecnico non si perde nella sola dimensione estetica: geniali movimenti di macchina che indugiano su determinati particolari servono perfettamente al meccanismo classico della suspence, mettendo in secondo piano persino la scena madre. Il risultato però è perfettamente funzionale al significato della pellicola, la storia si declina in maniera sinuosa e continuativa, che col passar dei minuti stringe sempre più una corda ideale(the rope) al collo dei colpevoli sino allo svelamento finale che prorompe proprio come la rumorosa apertura del baule.
Ispirato a una storia vera il delitto descritto perde nel doppiaggio italiano la dimensione di delitto privo di moventi, solo qualche ambiguità è sollevata da eventuali gelosie interpersonali. Un delitto efferato e totalmente immotivato, che vive dell’ebbrezza del momento e del rovesciamento moralistico che stuzzica la vita dei due giovani e annoiati killer, un pò Paul e Peter ante litteram protagonisti di “Funny Games”.Accanto alle figure dei suddetti “killer per caso” spunta quella dell’ex professore che scopre la loro follia, uno straordinario James Stewart, che nel monologo finale mostra tutto il proprio stupore, rabbia ed orrore per aver dato loro i mezzi culturali per giustificare tal delitto: “Può un uomo poter disporre della vita o della morte di un altro?”. Un beffardo e lungimirante occhio sulla storia dell’umanità intera. Capolavoro.


Scheda film

Anno e Nazione: 1948, USA
Main Characters: James StewartJohn DallFarley Granger

Adieu