mercoledì 4 aprile 2012

Bubble


Martha e Kyle sono due operai di una fabbrica di bambole sperduta nell'Ohio, lei è una donna di mezza età non molto avvenente che divide le sue giornate tra la fabbrica e l'accudimento dell'anziano padre, lui è un giovane poco più che ventenne che arrotonda con altri lavori faticosi che si aggiungono a quello in fabbrica. I due sono accomunati da una particolare amicizia, Martha è molto protettiva nei confronti del ragazzo: passa a prenderlo a casa per portarlo a lavoro, con lui passa il tempo della pausa pranzo e si lasciano andare a piccole confidenze tra vecchi amici. Tutto procede piatto e imperturbabile sino all'arrivo di Rose, un ragazza coetanea di Kyle che finisce per recitare il ruolo di terzo incomodo agli occhi apparentemente paciosi di Martha. 
Soderbergh ha ormai consolidato il proprio ruolo di regista mimetico e poliedrico in grado di passare con estrema facilità dalle operazioni a budget infinito con attori strapagati - vedi i tre Ocean's, i due "Che" e l'ultimissimo "Contagion"- al più classico cinema low cost con attori esordienti e tematiche da Sundance. Al di là poi delle preferenze personali è fuor di dubbio che il cinema un pò alternativo a Soderbergh riesce pure bene, e il caso del nostro "Bubble" è emblatico. Una storia molto americana, ma facilmente riproponibile anche in chiave europa e nostrana, che ha per luogo la sterminata provincia industrializzata e alienante fatta "tutta allo stesso modo". Proprio questa "provincia meccanica" si offre come scenario placido e inquietante ai protagonisti della storia, i cui ritmi vitali sono scanditi da quelli delle macchine industriali, privi di colore e spunti di umanità, persi in discussioni sempre piatte a prescindere dal luogo o dalla situazione: la pausa pranzo, la cena davanti alla tivù e persino un'incontro amoroso. 
La presenza del regista seppur minimale si nota tramite l'insistenza di piani larghi per gli interni e larghissimi per gli esterni che danno una continua sensazione di straniamento, come anche la continua riproposizione delle operazioni di lavoro sempre uguali a se stesse. Tutto risulta congeniale a dare quella sensazione generale di oppressione e di meccanizzazione della vita insita nella modernità, gli esseri umani che diventano dei pupazzi(o bambole che dir si voglia) assemblati e messi insieme su una catena di montaggio che finisce per essere l'esistenza stessa. Un sorta di "Tempi moderni" in tempi contemporanei, dove il paesaggio stato d'animo fa un tutt'uno con il fermo immagine sugli occhi cerulei e vuoti di Martha, che esplode di efferata umanità finendo irrimediabilmente fuori dagli ingranaggi della società civile. Tutto molto agghiacciante. 



Scheda film 

Anno e Nazione: 2005, USA 

Adieu